La finanza con un’anima
by Mario Calderini.
La Repubblica, 9th February 2021
Una delle cose più sorprendenti, in questa strana luna di miele tra il primo ministro incaricato e i partiti politici, è la rapidità con la quale è svaporata l’ossessiva criminalizzazione della finanza e dei finanzieri che aveva ispirato la dialettica dell’antipolitica e del sovranismo fino a ieri.
Ma poiché tutte le lune di miele durano finché durano, una delle urgenze del prossimo Governo, in questa breve tregua, sarà dare un’anima sociale e inclusiva alla finanza, per non incagliarsi immediatamente nella diffidenza o peggio nell’ostilità dei cittadini. Il futuro Governo Draghi ha un vantaggio cruciale, quello di avere molte risorse da investire. Con un gigantesco problema in più, quello di doverle investire per arginare non solo una tempesta finanziaria ma una combinazione senza precedenti di crisi sanitarie, economiche e sociali. In questo contesto, chiunque porrà la questione in termini di scelta secca tra rigore e solidarietà o tra austerità e crescita è destinato a soccombere. L’unica soluzione è sottrarsi a questa finta alternativa scegliendo come compagni di viaggio verso la ripresa una finanza e un’industria che siano disponibili a fare due cose insieme, a sintetizzare in sé stesse la capacità di sostenere la crescita e insieme di prendersi cura delle grandi sfide sociali e ambientali, non per etica ma per la consapevolezza di essere parte di una sfida in cui nessuno può permettersi di essere ingordo o estrattivo.
È a tutti evidente che le risorse pubbliche da sole non basteranno a sostenere la ripresa economica e sociale ma sarà necessario rivolgersi a tutte le forme di commistione possibili tra pubblico e privato. Proprio in questo risiede il rischio di segnare una nuova profonda lacerazione tra finanza, industria e società, di insinuare tra i cittadini il dubbio che le risorse di Next Generation vadano a favore di pochissimi. L’unico modo per evitare questo rischio è di rivolgersi a capitali privati che siano disposti ad accettare che l’impatto sociale, robustamente misurato e verificato, diventi elemento vincolante negli impegni con la controparte pubblica. In parole più esplicite, a mettere l’impatto sociale misurato come condizione necessaria alla possibilità di fare profitti, ogniqualvolta si usino risorse pubbliche. Se non sarà così, se i cittadini non dovessero sentirsi tutelati nei patti tra Stato, finanza e imprese, la rabbia sociale sarebbe pronta ad esplodere, questa volta con esiti imprevedibili. A questo punto è lecito domandarsi se esista una finanza disposta a fare ciò. La finanza è in grande trasformazione: tutti gli operatori, per reputazione, protezione dai rischi di lungo termine o per semplice imitazione, si affannano ad aderire convintamente alla sfida della sostenibilità ambientale e sociale. È una buona notizia per il nuovo Governo? Forse, ma non necessariamente. La sfida delineata richiede un impegno che si misuri in un contributo effettivo alla trasformazione ambientale e sociale, a beneficio dei cittadini. L’adesione ai principi di sostenibilità oggi adottati dai mercati finanziari e purtroppo anche dalle istituzioni finanziarie europee è troppo smaccatamente tesa alla conservazione dello status quo e delle rendite di posizione per poter funzionare come elemento di sintesi tra bene comune e interesse privato, tra prosperità e solidarietà. La finanza privata di cui avremo bisogno, tutte le volte che sarà chiamata a interagire con i capitali pubblici, dovrà essere intenzionale, misurabile e addizionale, dovrà cioè essere impact investing. Che significa molto semplicemente che i termini contrattuali del partenariato dovranno specificare le condizioni di impatto sociale con la stessa cura, precisione e cogenza con cui vengono specificate quelle finanziarie. L’impact investing è un’avanguardia estrema della finanza sostenibile, ma è l’unica forma che contiene il codice genetico che serve ad alimentare quella forza trasformativa di cui avremo disperatamente bisogno per rispondere alle sfide senza alimentare le diseguaglianze e la rabbia sociale.