Diseguaglianze la giusta lezione di Mattarella
by Mario Calderini
La Repubblica, 12th February 2022
“Le disuguaglianze di opportunità non creano società stabili e certamente non le società in cui vorremmo vivere. Se oggi la necessità di contrastare il cambiamento climatico è una priorità chiara per moltissimi, lo stesso non si può dire per le disuguaglianze economiche, territoriali o di genere”. Sono le prime parole di Sir Ronald Cohen di fronte al testo integrale del discorso del Capo dello Stato al Parlamento italiano. Leader indiscusso del movimento globale dell’Impact Investing, l’autore di Impact, testo tradotto in dieci lingue tra cui cinese, coreano e italiano, rilegge le parole del Presidente sullo sfondo delle trasformazioni globali che stanno attraversando il sistema economico.
Sir Ronald, il Capo dello Stato ha ricordato ai parlamentari che le disuguaglianze non sono il prezzo da pagare alla crescita ma una zavorra a qualsiasi prospettiva di crescita. Immagino che queste parole colpiscano chi da molti anni sta chiedendo alla finanza mondiale di impegnarsi per una crescita giusta e sostenibile.
“L’inversione di argomento è potentissima: la disuguaglianza non è un prezzo da pagare, ma al contrario la sua riduzione è un prerequisito per la crescita. In questa intuizione c’è moltissimo di ciò per cui la comunità dell’impact investing si è impegnata negli ultimi dieci anni”.
L’idea fondamentale dell’Impact Investing è di generare intenzionalmente un impatto sociale positivo e misurabile attraverso la finanza. Come entra l’Impact Investing in un’agenda politica di contrasto a ogni forma di disuguaglianza?
“Io credo che le parole del Presidente vadano intese in un senso più ampio del solo richiamo all’azione di governo. Ciò di cui stiamo parlando è una riforma profonda del sistema economico e in questo senso sono soprattutto i grandi capitali privati e le imprese ad essere chiamati in causa. Oggi ci sono quaranta triliardi di dollari nel mondo che gli investitori indirizzano verso imprese con una buona capacità di avere impatti sociali e ambientali e l’Impact Investing in senso stretto vale più di due triliardi. È evidente che è qui che si gioca la nostra capacità di rispondere al problema delle disuguaglianze attraverso il sistema economico. Ciò premesso, la politica ha il dovere di incoraggiare questo cambiamento”.
Con quali strumenti?
“La questione fondamentale è che l’impatto sociale delle imprese deve essere misurato e reso trasparente. I grandi capitali finanziari e gli investitori hanno bisogno di dati affidabili per prendere decisioni intelligenti e indirizzarsi verso imprese che fanno scelte giuste sulle disuguaglianze. C’è un fatto epocale che a molti è sfuggito e che da solo potrebbe trasformare l’economia di mercato: la creazione di un organo specializzato e dedicato alla misurazione dell’impatto sociale e ambientale all’interno dell’organismo internazionale (IFRS) che ha il compito di standardizzare i principi contabili su cui si basano i bilanci delle imprese. C’è un parallelismo straordinario da cogliere: così come quattro anni dopo la grande crisi del 1929 il sistema economico si dotò di un sistema contabile standardizzato per misurare gli utili e il valore patrimoniale delle imprese, così oggi, a due anni dall’inizio della pandemia, viene lanciata un’iniziativa per dare un’armonizzazione contabile alla misura dell’impatto ambientale e sociale delle stesse imprese”.
Non è facile immaginare una connessione diretta tra standard contabili e lotta alle disuguaglianze.
“Insieme ai colleghi di Harvard abbiamo misurato l’impatto sociale di 2600 imprese, tra cui Amazon e Apple. Il risultato, sul piano dell’occupazione, è che Amazon ha un debito di diversità verso le comunità di riferimento pari a 6,7 miliardi di dollari. Questo debito di diversità deriva dal fatto che le donne o specifici gruppi etnici sono sottorappresentate. Apple ha invece un debito meno elevato, 2,9 miliardi di dollari, ma molto maggiore in proporzione al monte salari. Con questi nuovi dati e informazioni trasparenti sul costo sociale della diversità, gli investitori e le imprese possono prendere decisioni che tengono conto delle disuguaglianze. Allo stesso modo, se i Governi potessero distinguere, sulla base di dati certi, chi fa profitti esternalizzando costi sulla società, spesso pagati dai più vulnerabili, da chi invece si fa carico dell’inclusione, si potrebbero immaginare politiche fiscali che incoraggiano la lotta alle disuguaglianze”.
Anche a livello planetario?
“La riflessione da cui siamo partiti è riproducibile su qualsiasi scala, dalle disuguaglianze tra centro e periferia nelle città italiane fino a quelle che riguardano i paesi emergenti, come dice il recente rapporto dell’Impact Taskforce del G7. Il punto è sempre quello di indirizzare il flusso di capitali verso strumenti basati sull’ottimizzazione del rapporto tra rendimento finanziario, rischio e impatto sociale e ambientale. Con questo modello si sostiene la crescita ed insieme si realizzano le soluzioni di cui abbiamo bisogno di fronte alle grandi sfide sociali e ambientali”.